Con l’affermarsi della borghesia
, alle soglie dell’età contemporanea, l’assistenza diventa iniziativa
anche dello Stato che cerca di far passare l’amministrazione degli ospedali
e ospizi in mano laica. Ancora una volta il fine dell’assistenza non è
quello di ridurre effettivamente la povertà, bensì di rendere
socialmente inoffensivi i poveri. Questi ultimi consci che la propria miseria
sia frutto della crisi agraria in atto, emigrano in città; senza
lavoro e senza risorse invadono sempre più gli agglomerati urbani,
pronti ad ogni tipo di azione anche violenta. Ecco quindi che lo Stato
ora preoccupato di salvaguardare l’ordine pubblico, si fa promotore di
una serie di riforme nel settore dell’assistenza, minacciato da un pauperismo
urbano sempre più evidente.
E’ importante sottolineare
che in questo momento ( primi
decenni del XVI secolo) le autorità
civili subentrano alla Chiesa nella responsabilità dell’assistenza,
razionalizzando le risorse e le spese verso gruppi specifici di persone,
specie i minori, ed escludendone altri tra cui i forestieri e gli invalidi.
E’ in quest’epoca, inoltre, che
inizia quello che Michel Foucault chiama, nella sua Storia della follia
nell’età classica, il grande processo di internamento o di reclusione.
I poveri abili vengono così internati e costretti al lavoro in “ospedali
generali” o “case per i poveri più simili alle carceri che
a luoghi di rieducazione e assistenza.