Ben presto però anche nelle
comunità primitive si ha l’evolversi di una diversa interpretazione
della povertà in termini cristiani. Si parla sempre più di
povertà “spirituale”, che deve essere propria di ogni cristiano
credente il quale fattosi umile e morigerato nei confronti dei beni comuni,
può comunque possederli. Il Regno quindi appare sempre più
rivestito di un ruolo essenzialmente spirituale, sciogliendosi da una dimensione
storico-politica della giustizia. Nella lettera ai Galati
si può notare una frase esemplificatrice “ora che la fede è
venuta non c’è più schiavo nè padrone” (3,25), ma
è evidente che ciò ha valore solo in chiave personale, mentre
a livello sociale emerge la tendenza a non ostacolare le strutture sociali
esistente, assicurando un assistenzialismo caritatevole verso gli indigenti.
Un ulteriore passo indietro nel rispetto del povero e delle iniziative
promosse a eliminare tale divario socio-economico, si attua nel momento
in cui la Chiesa si trasforma da comunità religiosa a organismo
statale. Infatti quando il Cristianesimo è ufficialmente considerato
religione di Stato, si assiste per esso una tale osmosi con la comunità
romana, di cui ne assolve la strutturazione sociale. Si vive in quella
che è chiamata la “stagione dei compromessi”, per cui sempre meno
severamente durante le omelie i Padri della Chiesa condannano la ricchezza
favorendo la promozione sociale in termini di beneficenza ed elemosina,
svuotando del tutto il significato originario di carità. Si assiste
quindi all’esplicazione di quella “falsa democrazia cristiana”, discussa
e criticata poi dallo stesso Marx, per cui si era uguali di fronte a Dio
ma diversi nella realtà umana.
L’assistenza si organizza e diventa
sempre più in industria e potere: è in questo periodo che
trovano giustificazione ideologica molte associazioni assistenziali in
vigore ancora nel mondo moderno. Nascono, infatti, le prime istituzioni
ospedaliere erette presso diaconie e monasteri, in rapporto stretto con
le basiliche antiche e con il chiaro scopo di svolgere una funzione repressiva
e di controllo in favore e in difesa del potere costituito. Le strutture
sono molteplici e diversificate dagli asili per i senza tetto alle carceri
per i mentecatti.
Nel tempo queste istituzioni di
ospitalità sono andate definendosi giuridicamente, pur gestite dal
diretto controllo dell’autorità vescovile. Per tutto il Medioevo
si può quindi affermare con certezza che la cura dei poveri è
stata affidata alla carità privata e l’organizzazione dei soccorsi
è esclusivamente compito degli ecclesiastici (Sandra Rocchi, 1993,
p.22).