Proseguendo nella considerazione
della figura del povero nella storia, è necessario soffermarsi sul
periodo che vede l’affermazione e lo sviluppo del Cristianesimo nella società.
Tale dottrina determina la nascita di una nuova tensione verso una fascia
dei più emarginati, poichè inizia a considerare la solidarietà
come gesto gratuito spinto dall’amore e dalla caritas, capisaldi del messaggio
Evangelico.
Si tratta quindi di una solidarietà
vissuta e non istituzionalizzata,
assente di quel giuridicismo che caratterizzerà il successivo intervento
assistenziale.
La concezione del povero che si
ha ora, comunque, non si riproporrà mai più in seguito, destinata
a non avere uno sviluppo successivo. Il povero si identifica con Cristo,
pertanto assume una connotazione positiva e privilegiata che va valorizzata
e rispettata. E’ proprio questi che propone un nuovo messaggio di vita,
mentre solo il ricco e la società dominante a dover rivedere le
proprie scelte. Con ciò non si vuole affermare che la povertà
è uno status vitae buono e giusto in sè, i poveri, con la
loro presenza, testimoniano che, usando e parole di Merozzi, “la fratellanza
non è solo comunione di spirito ma anche ricerca di riscatto dei
più miseri in nome di un sostanziale egalitarismo di condizioni
materiali” (Sandra Rocchi, 1993, p. 20).
La spinta di impegno sociale e
comunitario della Chiesa primitiva appare ed è molto viva e si traduce
in ospitalità e accoglienza ai fratelli, vissuta come compito naturale
della comunità e non come costrizione mentale proposta dallo Stato.