7. VERSO UNA SOCIETÀ’ SOLIDALE
Dopo aver analizzato e considerato in modo particolare
la realtà del volontariato, ritengo necessario doverla inserire
in un contesto ben più ampio della società solidale che caratterizza
la nostra epoca, di cui è sì una delle opzioni di presenza
e condivisione fra le più efficaci, ma pur sempre una singola parte.
Infatti al giorno d’oggi, presa coscienza della necessità
di una nuova cultura della solidarietà, le scelte per tradurla e
metterla in pratica sono molteplici e fra loro differenziati (AA.VV., 1991,
p. 91).
Da una attenta analisi della società, si può
quindi evidenziare, che questo crescente bisogno dio solidarietà,
intesa sia come richiamo etico che giuridico degli uomini, trova le sue
più profonde motivazioni in quelle problematiche più acute
che gravano sulla gente e sui popoli, in special modo del mondo occidentale
e industrializzato.
Viviamo in un tempo che fa della precarietà e
della provvisorietà un proprio modo d’essere, quasi una filosofia
di vita.
Essa è prima di tutto precarietà esistenziale.
I pericoli che mettono a rischio la nostra esistenza, dagli incidenti stradali
alle epidemie, dal terrorismo all’inquinamento, ci collocano sempre più
in una posizione di precarietà.
E’ precarietà politica, poichè i governi
e le amministrazioni si succedono a vicenda, presentando spesso gli stessi
limiti, disorientando così non solo i giovani, ma anche il mondo
sfiduciato degli adulti.
E’ precarietà economica, perché le risorse
non bastano mai (forse perché non sono mai troppe le nostre esigenze?),
perché esse passano con estrema facilità da una mano all’altra,
perchè quanto si possiede non sappiamo metterlo in comune (AA.VV.,
1991, p.79), tanto che al giorno d’oggi il 20% della popolazione mondiale
detiene l’80% delle ricchezze, frutto dell’assurdità e dell’egoismo,
peraltro sempre esistito.
E’, infine, precarietà educativa, in quanto si
moltiplicano e cambiano i valori, i modelli, i punti di riferimento educativi
ed ideali. Il pluralismo ideologico e religioso, più che a confermare
le proprie idee e la propria fede, porta ad un relativismo generalizzato,
per il quale “sofisticamente” si afferma tutto e il contrario di tutto.
La cultura legata al consumismo ha fatto crescere anche
l’atteggiamento della passività (AA.VV., 1991, p.80), dell’alienazione
rispetto al mondo che ci circonda e a volte ci soffoca.
Le conseguenze di tale malessere sociale sono quindi
facilmente individuabili:
-
atteggiamento di delega, di rivendicazione, di corporativismo
a cui spesso fa riscontro la delusione per la mancata risposta delle attese;
-
la deresponsabilizzazione in ordine agli altri e alla società:
ne è segno la crisi della partecipazione, sia al potere ( che resta
ancora privilegio di pochi arrampicatori), sia al servizio: sempre più,
infatti, si pensa di essere nel diritto di venire serviti, piuttosto che
nel dovere di servire;
-
è crescente il senso della paura e della differenza
nei confronti delle società e degli altri (AA.VV., 1991, p.80),
entrambi presupposti di una cultura tesa più al pregiudizio e alla
deumanizzazione che ha ad un rapporto empatico e prosociale tra gruppi
diversi. Dai mass-media risaltano quindi fatti di terrorismo, di violenza,
di morte; la gente si sente immersa in un mondo che non è suo, che
non può orientare, controllare, che non può amare.
E’ indubbio che in che in questa situazione il volontariato
ha contribuito notevolmente a proporre ai vari livelli personale, sociale,
politico, internazionale nuovi modelli di comportamento e di relazione
tendenti alla solidarietà (AA.VV., 1991, p.80).
Il volontariato, finora descritto e analizzato, ben conscio
dei suoi limiti perchè elemento fragile e insufficiente a rimuovere
la cause centrali che generano la marginalità, ha il dovere, e la
necessità, di mantenere rapporti di intesa strategica e operativa
con le componenti del cosiddetto terzo settore, che non perseguono fini
di lucro (società non profit).
Pertanto accanto ai gruppi di volontariato, propriamente
detto, le cui caratteristiche sono state lungamente dibattute in questa
sede, devono essere ricordati almeno tre grandi filoni in cui si esplica
questa nuova società solidale:
-
le tradizionali istituzioni private: non a scopo di lucro
che gestiscono servizi e che , sia nelle leggi nazionali che regionali,
vengono sempre distinte dal volontariato;
-
le nuove associazioni che si identificano come soggetto giuridico
per gestire servizi o sottoforma di associazioni di fatto o sottoforma
di cooperative. Nei confronti delle tradizionali istituzioni private hanno
un carattere più democratico e partecipativo, oltre che una valenza
sociale più rilevante. Inoltre hanno un rapporto molto più
forte con il volontariato perchè molte di esse nascono e spesso
sono supportate da esso. Ciò avviene in maniera più intensa
nelle cooperative di solidarietà sociale, mentre quelle per la gestione
dei servizi sociali possono non avere alcun rapporto con il volontariato;
-
infine l’associazionismo che, in
quanto tale, ha finalità prevalentemente rivolte
ai propri membri o per una loro specifica tutela (ad esempio le associazioni
di famiglie di handicappati) o per la loro crescita culturale, fisica e
ricreativa (AGESCI, ARCI, AVIS, ecc…). Solo in senso ampio e in ordine
alla prevenzione compiono un “servizio sociale” (AA.VV., 1991, p.81).