In questi lunghi ed importanti anni, che segnano la storia
dell’Italia unita e travagliata dalle Grandi Guerre, si può notare
un progressivo orientamento interventista dello Stato nei confronti del
problema assistenziale. Questo processo di maturazione si sviluppa in tre
diverse fasi, ossia quello della carità legale, cui segue quello
della beneficenza legale e una terza dell’assistenza sociale.
La carità legale si identifica con l’atteggiamento
dello stato che pur continuando a disinteressassi dei poteri e delle loro
reali condizioni, si preoccupa che i beni e le istituzioni di carità
proposte alle loro necessità operino secondo una corretta amministrazione.
E’ quindi questo lo spirito della legge 3 agosto 1862, n.753, emanata per
regolamentare le congregazioni di Carità, piuttosto che occuparsi
direttamente dell’assistenza. La scelta dello Stato unitario sembrava quindi
rispondere a una duplice esigenza, ossia di rafforzare la borghesia promotrice
degli interventi ridimensionando il potere della Chiesa.
Il passaggio concreto delle iniziative assistenziali
dirette da religiosi allo stato comunque si attua solo con la legge
Crispi del 1890, che statalizza le opere pie ora denominate “Istituzioni
pubbliche di beneficenza”. E’ chiaro quindi che lo stato non interviene
ancora direttamente nella gestione dell’assistenza, ma sottopone a controllo
pubblico gli enti erogatori.
L’importanza della legge crispina è da ricercarsi
non tanto nei fini delle iniziative assistenziali, ancora legati alla ricerca
del decoro e dell’ordine pubblico, bensì in una discreta apertura
verso un concetto di povertà più esteso e comprensivo (ai
bisognosi e indigenti si affiancano gli inabili, l’infanzia da tutelare
più dalla nascita). L’intervento peraltro rimane discrezionale e
riparatorio, non certo preventivo.
In questo periodo, inoltre, giunge al potere la Sinistra
storica, per cui sotto la spinta del movimento operaio prende vigore la
teoria pluralista caratterizzata dal libero associazionismo con finalità
solidaristiche e assistenziali. Infatti, mancando l’intervento attivo dello
Stato il movimento operaio con la partecipazione di coltivatori, artigiani
e altri lavoratori autonomi attua una sua forma di solidarietà attraverso
le società di mutuo soccorso a difesa e prevenzione di gravi eventualità
quali malattie e infortuni (Sandra Rocchi, 1993, pp.28-29).
Ecco quindi che il verificarsi della Rivoluzione Industriale
e il conseguente malcontento diffuso in tutta Italia hanno determinato
il progressivo passaggio dello Stato da una concezione meramente assistenziale
al sistema della previdenza.